martedì 21 agosto 2012

Nonsensical thoughts

Mancano solo tre ore al momento di dover salutare Reggio Calabria, la città che non sopportavo e che adesso, pensando che non rivedrò più le sue strade per un anno, amo.
In fondo è la città in cui sono nata e cresciuta fino ad ora, conosco ogni angolo, ogni negozio, mi piace l'odore del mare che racchiude.
Dovrò salutare i miei genitori e il mio fratellino pestifero cercando di non piangere. Le persone che mi conoscono di più, che mi vedono nei momenti più imbarazzanti e quelli più felici, la mia famiglia.
Ho già salutato le mie migliori amiche ed è stato tristissimo dire quelle parole che magari a tante persone dico senza pensare: "Ci vediamo tra un anno."

Eppure eccomi qua con le valigie pronte ad aspettare che arrivino le 21.30 per prendere quel treno che mi porterà a Roma, dove avrò l'ultimo incontro prima di partire per la meta tanto agognata: Cina!

Sembra ieri quando contavo i giorni tentata dalla voglia di strapparmi i capelli perché "Cavolo ancora mancano 168 giorni" mentre adesso che sono a -1 pare che il tempo sia volato via in un soffio. 

E sono ansiosa... ansiosa di scoprire cosa mi troverò davanti una volta arrivata, come reagirò nel rendermi conto che quello che mi circonda dovrà essere la mia casa per un anno; ansiosa di mettermi in gioco e dimostrare a me stessa e a tutti che posso farcela.

Voglio vivere la Cina.

Avrei voluto scrivere di più ma in questo momento non riesco a pensare straight. 
Anzi, non riesco a pensare, punto.

domenica 8 aprile 2012

Are you ready?!

Che sto facendo?
Sta succedendo proprio a me?
E' un anno...
Ce la farò?
Riuscirò a realizzare questo sogno?

In poche parole questi sono i pensieri che mi vengono in mente mentre faccio la doccia ultimamente.
Certo, è risaputo che le persone sotto la doccia trovano modo di pensare ma io faccio dei veri e propri viaggi mentali. 
Immagino come sarà vivere dieci mesi lontano dalla mia famiglia, dalle persone a cui voglio bene, come sarà arrivare ogni giorno in una casa che dovrò imparare a sentire come la mia casa, stendermi su un letto che dovrò imparare a considerarlo comodo come il letto che mi aspetta a Reggio Calabria, parlare, ridere e scherzare con persone che dovrò imparare a conoscere, convivere con una famiglia che dovrò accettare come la mia, come una seconda famiglia. A volte penso "Sarà come essere di nuovo bambina, non saprò cosa fare, come fare una determinata cosa, non saprò parlare... ma imparerò, così come è già successo anni fa quando mamma mi insegnava a vestirmi da sola e tutta contenta andavo da papà a mostrargli come ero diventata brava. O come quando papà mi mandava a fare una commissione per lui ed io mi impegnavo a non deluderlo. Dovrò soltanto tenere duro e farmi forza".
 

Adesso che il dubbio sulla possibilità di partire è sparito l'attesa è ancora più snervante: prima non sapevo se sarei partita oppure no quindi il mio pensiero fisso era la speranza di una risposta positiva mentre adesso non faccio che pensare a cosa mi aspetta. 

I miei genitori, pur dicendo di essere contrari alla mia partenza e di avermi dato l'autorizzazione solo "per non tapparmi le ali", si vantano con tutte le persone che incontrano e tutti pongono la domanda fatidica: "E sei pronta? Pensi di riuscirci?"
Pronta? A cosa esattamente? Ancora mi devo rendere conto io stessa dell'esperienza che affronterò, non so  a cosa effettivamente sto andando incontro, come faccio a darti una risposta seria?
Sicuramente posso dire di essere contenta, o meglio, al settimo cielo per questa opportunità, posso dire di essere più che impaziente di partire, realizzare il mio sogno e scoprire un mondo nuovo, completamente diverso dal concetto di mondo che ho al momento, un mondo delimitato dai "confini" della mia piccola città.

Eppure non so dire se sia pronta o meno. Sì può essere pronti ad affrontare un qualcosa che non si conosce? Non credo.

Ma ci voglio provare. Voglio mettere in gioco tutta me stessa, voglio provare a me stessa che con buona volontà (quella che non uso per lo studio) posso fare ciò che desidero fare da quattro anni. Voglio dimostrare ai miei genitori di essere in grado di portare a termine un progetto che cambierà la mia vita, sia in bene che in male. Voglio che loro, terrorizzati dalla mia partenza, siano orgogliosi di me. Voglio che i loro, ed i miei in piccola parte, sacrifici non siano stati invano. Voglio risultare vincitrice in questa sfida. Voglio essere fiera delle mie capacità, fiera di me. 


P.S. Per chi leggerà, se mai troverà il coraggio di farlo, ho scritto tutto di getto quindi se trovate che sia il tutto senza un filo logico, non preoccupatevi... di solito scrivo meglio :P




giovedì 1 marzo 2012

Oh Yeah!


  Beh, se siete qui penso sappiate tutti quello che abbiamo dovuto fare per poter avere l'occasione di vivere un'esperienza all'estero con Intercultura: i volontari che vengono a fare propaganda nelle scuole (io ne sono venuta a conoscenza così ma ci sono diversi modi), convincere i genitori, inviare l'iscrizione alle selezioni, le selezioni stesse con i loro alberelli, figure umane e domande a trabocchetto a cui rispondere, i colloqui, lo SLEP test per chi ha scelto Stati Uniti, Thailandia e non ricordo che altri Paesi, il fascicolo... quell'ENORME e complicato fascicolo da riempire in tutti i suoi moduli con l'aiuto di medico, scuola, genitori ecc.

  E poi l'attesa... quella maledetta attesa durata circa tre mesi passata a controllare e-mail, cassetta della posta e segreteria telefonica e correre a rispondere al telefono ogni volta che squillava (e rendersi conto che le uniche persone rimaste che chiamano sul telefono di casa sono le operatrici telefoniche di Sky, Telecom, Infostrada ecc...) speranzosi nonostante la consapevolezza di dover ancora aspettare molto tempo prima dei risultati.
 
Ammetto che ad un certo periodo smisi di pensarci, o meglio, mi costrinsi a a scacciare via il pensiero di una risposta, negativa o positiva che fosse, perché da buona pessimista quale sono avrei solo pensato alla mia reazione nell'apprendere che non sarei partita. E a dirla tutta ci stavo riuscendo ed anche bene, tralasciando i momenti in cui professori, compagni e parenti chiedevano notizie quando io stessa non ne sapevo assolutamente niente.
 
Ed ecco... l'11 febbraio 2012 controllando la casella delle e-email a scuola, nell'ora di chimica, tra le numerose  appunto e-mail ce n'era una da Intercultura;
  <<Cavolo sto male>> sussurrai alla mia migliore amica e compagna di banco stringendole il braccio <<Ho un'e-mail di Intercultura>> aggiunsi. Con le mani tremanti lessi quella e-mail e mi sentii cadere il mondo addosso: la lettrice dell'associazione aveva riscontrato un piccolo problema con uno dei miei moduli e voleva che lo ricompilassi e lo rispedissi il più presto possibile.

Io, pessimista come ho detto di essere, pensai subito al peggio. Alla fine delle lezioni corsi a casa e chiesi spiegazioni e mia madre che aveva parlato al telefono con la lettrice; spiegazioni che non mi seppe dare quindi mi vidi costretta a mandare un'e-mail di risposta alla volontaria che mi rispose due ore dopo dicendomi di avere risolto il tutto e di stare tranquilla.
Ma come stare tranquilla?! Tralasciando il problema, in fine risolto (neanche io so come), io non potevo comunque stare tranquilla sapendo che stavano esaminando proprio il mio fascicolo e che in quei giorni avrebbero deciso se accettarmi o meno. Inutile dire che da quel giorno smisi di controllarmi e tornai alla mia vecchia routine: controllo di e-mail a metà mattinata, cassetta della posta alle tre al ritorno da scuola e cellulare e telefono di casa accesi con la suoneria al massimo; avrebbero potuto avvertirmi qualsiasi giorno.
 
  Beh, per farla breve ero in ansia e curiosa della risposta.

  Arrivò venerdì 17 febbraio 2012 e ancora neanche l'ombra di una notizia. Eppure io, a differenza degli altri giorni che iniziavo a pensare alla risposta sulla partenza nella tarda mattinata, mi alzaia con la sensazione che mi avrebbero chiamato quel giorno. Chi crede nelle superstizioni avrebbe storto il naso e avrebbe pensato: <<Beh, o non la chiamano o le danno una risposta negativa>> e, credetemi, lo feci anche io che non ci credo. Fu una giornata assurda, dire terribile è dire poco. Ebbi problemi dalle 8 di mattina fino alle 3 del pomeriggio, un mal di testa atroce e l'umore sotto i piedi.

  Per fortuna il mio fratellino (che quel giorno stava male anche lui) mi tirò un po' su facendomi giocare e guardare i cartoni con lui fino al punto di addormentarci nel letto dei nostri genitori.
  Ed ecco che alle 8 e mezzo di sera sentii squillare il telefono di casa; ringrazierò sempre il fatto di avere il sonno leggero altrimenti non avrei sentito suonare perché mia madre era fuori a stendere i panni.

 Corsi a rispondere e dall'altro capo della cornetta sentii dire:
  <<Pronto, sono Francesca di Intercultura. C'è Giuseppina?>>
   Mi mancò il respiro per un attimo; finalmente!!
  <<Sì sono io>> riuscii a rispondere.
  <<Oh bene. Ti chiamo perché non mi va di farti aspettare ancora una decina di giorni per l'arrivo della lettera. Hai vinto la borsa di studio in fascia 0 di Banco di Napoli per l'annuale in Cina. Complimenti!!>>

Immaginerete la mia reazione. O forse no. Beh, voi provateci lo stesso.
Tutt'ora stento a crederci; al primo tentativo, in fascia 0 (difficilissima da ottenere), la prima scelta, la mia amata Cina. Come dicono gli MBLAQ nella canzone che sto ascoltando in questo momento: OH YEAH!
Non può essere che un sogno... che si avvera!!